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Non è molto ragionevole…

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Quando qualcuno sta ritto davanti al sole, nessuno può scorgere i tratti del suo viso, ma soltanto una forma scura, alonata di luce. Così, se vi guardate l’un l’altr al solo lume della vostra sensibilità, non cogliete di voi che un’ombra vaga, ma dorata.

Non è molto ragionevole.

Se un bello sconosciuto batte molto forte alla porta del vostro cuore, e voi gli dite: entra da me!senza preoccuparvi…di uscir di casa e di far conoscenza.

Non è molto ragionevole.

Se lui è un principe e lei una pastora, e voi dite: fra innamorati non sussiste nessuna differenza, solo i pregiudizi ergono barriere davanti a loro.

Non è molto ragionevole.

Se impiegate tutti i vostri minuti e le vostre ore a dirvi: ti amo, e a scoprire il gusto delle vostre bocche, non restandovi più tempo da spendere per dirvi chi siete, che cosa fate e quali strade avete in mente da prendere.

Non è molto ragionevole.

Se voi pesate, misurate, calcolate già quello che vi date l’un l’altro, e se facendo i vostri conti litigate perchè pensate che non sono giusti, che uno dà di meno e l’altro di più.

Non è molto ragionevole.

Se l’uno e l’altro vi truccate, vi coprite di maschere per rappresentare, con lo scopo di piacere di più, i personaggi che amate.

Non è molto ragionevole.

Se le vostre idee, le vostre convinzioni divergono in tutto, e l’uno e l’altro pensate: lo convincerò, lo convertirò.

Non è molto ragionevole.

Se dite: sperimentiamo l’armonia dei nostri corpi, verifichiamo se sono adatti al piacere, dimenticando che i vostri corpi sono intercambiabili e che possono fornire questo piacere d’occasione senza offrire amore.

Non è molto ragionevole.

Se i vostri genitori e tutti i vostri amici vi dicono: pensiamo che non è la strada giusta, e voi, gridando: che importa, ci amiamo!abbandonate le loro mani e partite da soli rompendo i ponti.

Non è molto ragionevole.

L’Amore

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Nessuno è creato dalla vita come sostegno per i vostri sogni, perché due occhi non sono fatti per guardare l’uno verso l’altro, ma entrambi verso la stessa direzione; diventando così ognuno luce per l’altro.

Crescete comprendendo questo, e troverete, assieme a ciò che cercavate, anche ciò che non cercavate.

Ma dopo questo, non dubitate più.

Se dubitate che sia Amore, infatti, già non è Amore.

E non calcolate. Se calcolate i vostri passi, infatti, già non è Amore.

Non appoggiatevi all’altro con tutto il vostro peso.

Ma posatevi come un raggio di Sole su una foglia. E come una foglia accogliete l’altro raggio di Sole.

Asciugate le vostre lacrime e senza timori concedete al vostro cuore questa luce e al vostro animo questo calore.

Ma state attenti agli incanti! Perché i raggi di Sole non sono il Sole.

Non riversate sull’altro tutta la vostra nostalgia di cielo: egli non è in grado di contenerlo, né mai voi potreste contenere il suo.

Non valutate l’altro per ciò che non potrebbe mai avere, o finirete per svalutare voi.

E tutto questo non è Amore.

Non precipitate l’uno dentro l’altro, ma tenendovi per mano camminate insieme.

Portate l’amato non al centro del vostro cuore, ma del suo, perché lì troverà anche il vostro, e insieme troverete il cuore al centro del cosmo.

Sarete sottoposti a molte prove, e spesso l’orgoglio vi chiederà di scegliere sé al posto dell’Amore.

Ma non ritiratevi da queste battaglie, perché altre non ve ne sono di più utili per voi.

Se vincerete, avrete vinto.

Se perderete combattendo e affilando il cuore, avrete vinto.

E quando il tempo vi avrà condotto fino a farvi decidere di fondere per sempre le vostre due vite, conoscerete quote più alte, ma anche la durezza di cadute mai pensate. E vedrete spesso andare in frantumi tutti i vostri sogni.

Ma sarà allora che potrete dischiudere davvero le vostre ali.

Non maledite gli eventi, perché siete voi che avete in mano il timone del vostro destino.

E non sarà rompendo questo vostro vaso e dicendo addio all’amato, che le vostre radici troveranno nuova forza.

Questa gabbia di creta è in realtà ciò che le salva dall’essiccare.

Siete voi che dite, quando non vi sentite amati: L’Amore è finito. Quella è invece la stagione in cui comincia. Poiché il valore di chi governa la nave, è nel condurla anche controvento.

Siete voi che dite, quando finiscono le sensazioni: Ma io non amo più.

Non scambiate però l’Amore con le sue sole sensazioni. Poiché il valore di chi governa la nave, è nel condurla talvolta anche a vele sgonfie, fino ad altre zone di Vento.

Pertanto siate fedeli, perché nell’infedeltà diventate doppi e quadrupli. E se vi è già difficile condurre una vita, come potreste condurne due o quattro?

Dividendo in due un germoglio non si hanno due vite, ma nessuna.

Pensando di incontrare nuove gioie incontrereste dolori maggiori di quelli cui voltate le spalle.

Perciò tornate a guardare verso chi vi aspetta, ma non per dirgli: Tu non mi ami. Bensì: Io non so amarti.

Questo è necessario per far scendere l’Amore sull’amato.

Alzate lo sguardo alle virtù dell’altro, perché avete passato il tempo senza conoscervi.

Ma se poteste entrare, e a volerlo potreste, nella mente di chi vi ha accompagnato, per sfogliare insieme il libro della vostra vita, scoprireste quanto siano belle in realtà tutte quelle pagine già scritte, e quanto saranno belle tutte quelle ancora bianche.

Ricordate che il vostro cuore nasconde un Vento inesauribile che saprebbe amare, oltre al vostro amato, anche oltre il vostro amato. E attraverso di lui amare anche tutto quanto il mondo.

Ergetevi come gabbiani in queste possibilità di volo assieme. Non fatevi orfani di gioie grandi e di dolori grandi, accontentandovi di rischiare solo in parte.

Ma alzate il capo e abbiate fiducia, poiché se di questo Amore amerete, sarete come due raggi che si incontrano al centro della ruota, ove poter cogliere assieme tutto il senso del ruotare della vita”.

Da “Il profeta del Vento” di Stefano Biavaschi

Prima domenica dopo Pasqua: festa della Divina Misericordia

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Il disegno essenziale di questo quadro è stato mostrato a suor Faustina nella visione del 22 febbraio 1931 nella cella del convento di Płock. La sera, stando nella mia cella – scrive suor Faustina – vidi il Signore Gesù vestito di una veste bianca: una mano alzata per benedire mentre l’altra toccava sul petto la veste, che ivi leggermente scostata lasciava uscire due grandi raggi, rosso l’uno e l’altro pallido (…) Dopo un istante, Gesù mi disse, Dipingi un’immagine secondo il modello che vedi, con sotto scritto: Gesù confido in Te” (Q. I, p. 26). Tre anni dopo a Vilnius Gesù ha spiegato il significato dei raggi: “I due raggi rappresentano il Sangue e l’Acqua” (Q. I, p. 132). Non si tratta qui di un qualche effetto artistico, ma di una simbologia del quadro estremamente profonda.

Gesù ha definito un altro particolare di questo quadro, ha detto infatti: “Il Mio sguardo da questa immagine è tale e quale al Mio sguardo dalla croce” (Q. I, p. 140). La questione dello sguardo non è dunque senza importanza, se lo stesso Gesù mette l’accento su di essa, dando un significato a questo particolare. E qui incontriamo una doppia interpretazione di questo desiderio di Gesù: alcuni – e tra loro don Sopocko – leggono queste parole in modo realistico e dicono che lo sguardo deve essere diretto in basso come dall’alto della croce; altri credono, che si tratti dello sguardo che esprime la misericordia (tra loro padre J. Andrasz, il secondo direttore spirituale di suor Faustina). A seconda di questa interpretazione sono sorte – si può dire – due “scuole” di rappresentazione dell’immagine del Gesù Misericordioso: una ha il suo modello nel dipinto di E. Kazimirowski, mentre la seconda nel dipinto di A. Hyla, del santuario della Divina Misericordia a Cracovia.

Quale è il significato di questo quadro?

Il cosiddetto “luogo teologico” è stato indicato dallo stesso Gesù, legando la benedizione del quadro e la sua pubblica venerazione alla liturgia della prima domenica dopo Pasqua. La Chiesa legge in quel giorno il Vangelo sull’apparizione di Gesù risorto nel Cenacolo e sull’istituzione del sacramento della penitenza (Gv 20, 19-29).

A questa scena del Cenacolo si sovrappone l’avvenimento del Venerdì Santo: la crocifissione e la trafittura del Cuore di Gesù con la lancia. “Entrambi i raggi uscirono dall’intimo della Mia misericordia, quando sulla croce il Mio Cuore, già in agonia, venne squarciato con la lancia” (Q. I, p. 132). Di questo scrive san Giovanni nel 19° capitolo del Vangelo. Gesù ha spiegato poi che “il raggio pallido rappresenta l’Acqua che giustifica le anime; il raggio rosso rappresenta il Sangue che è la vita delle anime” (Q. I, p. 132). San Tommaso, riferendosi ai Padri della Chiesa, unisce la simbologia dell’acqua e del Sangue con il sacramento del battesimo e con l’Eucarestia, cosa che può essere riferita anche agli altri sacramenti. “Alla luce del Vangelo di Giovanni – scrive don I. Rozycki – l’acqua e il sangue (…) stanno a significare le grazie dello Spirito Santo, che ci sono state donate per la morte di Cristo. I due raggi rappresentati sul dipinto di Gesù Misericordioso possiedono questo stesso profondo significato” (R., p. 20).

L’immagine del Gesù Misericordioso spesso viene identificata come quella della Divina Misericordia e giustamente poiché‚ nella passione, morte e risurrezione di Cristo la misericordia di Dio verso l’uomo si è rivelata con totale pienezza.

In cosa consiste il culto dell’immagine della Divina Misericordia?

L’immagine occupa una posizione chiave in tutta la devozione alla Divina Misericordia, poiché‚ costituisce una visibile sintesi degli elementi essenziali di questa devozione: esso ricorda l’essenza del culto, l’infinita fiducia nel buon Dio e il dovere della carità misericordiosa verso il prossimo. Della fiducia parla chiaramente l’atto che si trova nella parte bassa del quadro:“Gesù, confido in Te”. L’immagine che rappresenta la misericordia di Dio deve essere per chiara volontà di Gesù un segno che ricordi l’essenziale dovere cristiano, cioè l’attiva carità verso il prossimo. “Essa deve ricordare le esigenze della Mia misericordia, poiché‚ anche la fede più forte non serve a nulla senza le opere” (Q. II, p. 278). La venerazione del quadro dunque consiste nell’unione di una orazione fiduciosa con la pratica di atti di misericordia.

E’ la più importante di tutte le forme di devozione alla Divina Misericordia. Gesù parlò per la prima volta del desiderio di istituire questa festa a suor Faustina a P*ock nel 1931, quando le trasmetteva la sua volontà per quanto riguardava il quadro: “Io desidero che vi sia una festa della Misericordia. Voglio che l’immagine, che dipingerai con il pennello, venga solennemente benedetta nella prima domenica dopo Pasqua; questa domenica deve essere la festa della Misericordia” (Q. I, p. 27).

Negli anni successivi – secondo gli studi di don I. Rozycki – Gesù è ritornato a fare questa richiesta addirittura in 14 apparizioni definendo con precisione il giorno della festa nel calendario liturgico della Chiesa, la causa e lo scopo della sua istituzione, il modo di prepararla e di celebrarla come pure le grazie ad essa legate.

La scelta della prima domenica dopo Pasqua ha un suo profondo senso teologico: indica lo stretto legame tra il mistero pasquale della Redenzione e la festa della Misericordia, cosa che ha notato anche suor Faustina: “Ora vedo che l’opera della Redenzione è collegata con l’opera della Misericordia richiesta dal Signore” (Q. I, p. 46). Questo legame è sottolineato ulteriormente dalla novena che precede la festa e che inizia il Venerdì Santo.

Gesù ha spiegato la ragione per cui ha chiesto l’istituzione della festa: “Le anime periscono, nonostante la Mia dolorosa Passione (…). Se non adoreranno la Mia misericordia, periranno per sempre” (Q. II, p. 345).